martedì 28 settembre 2010

Naomi Campbell al SANGUE per Mert & Marcus


Naomi Campbell fa paura.
Non solo perché è bellissima, ritoccatissima, pazza come un cavallo: ora è anche un po' vampira.
Eccola, decisamente inquietante, in un servizio di Mert & Marcus per il numero di ottobre di Interview. Styling di Karl Templer.






popslut

venerdì 24 settembre 2010

Peter Pilotto & Kipling



Ho sempre pensato che il marchio Kipling fosse appannaggio culturale dei filippini della metro Battistini, forse perchè l'ho sempre associato al cheap.
Ma chi l'ha detto che il cheap non può essere comunque carino e portabile e soprattutto chi ha detto che i filippini sono cheap? Ma, in realtà, pensavo fosse un marchio economico perchè queste benedette borse sembravano una copia sputata delle borse della meno economica Le Sportsac, bags label americano degli anni '70 che, non a caso, i nipponici adorano.( O questi ne sanno una più del diavolo)
Bene, adesso la Kipling cerca di dare una sferzata di novità e stile attraverso una mini collezione di borse e accessori, "Capsule Collection", affidando l'infausto compito a Peter Pilotto.
Pilotto è un giovane stilista metà austriaco e metà italiano, che secondo me ha del talento vero. Ama i tagli particolari, i tessuti ricercati e le stampe di ispirazione naturale e scientifica. Mettimi una stampa Galaxy ed un drappeggio e muoio di felicità.
Le borse Kipling disegnate da lui hanno lo stesso maniacale interesse per i viaggi intergalattici e per le invenzioni scientifiche presente nelle sue collezioni.
L'accostamento tra il marchio e lo stilista è inconsueto, ma il risultato non è troppo deludente.
A breve sarà attivo l'e-store sul sito della Kipling. Intanto sbirciate i modelli.
www.kipling-usa.com

Rooge

giovedì 23 settembre 2010

MUSIC PILL: I Blame Coco - In Spirit Golden

L'anno dei MORTI viventi


Diciamoci la verità: i vampiri ci hanno rotto. Anche perché siamo stanchi di queste storie adolescenziali dove il sesso viene sublimato con un bel morso, o dove le creature mitiche che amiamo ricordare dagli occhi di Coppola o dalla penna di Anne Rice sono ridotti a giovanotti baldanzosi ed ero(t)ici.
L'anno che verrà sarà dominato dagli zombi, sappiatelo. I morti che camminano popoleranno TV, cinema e videogiochi e si imporranno come nuovo mostro cult.
Una tradizione che dura da decenni, quella degli zombi nell'immaginario fantastico, ma che a noi piace ricondurre al mitico La notte dei morti viventi, film del 1968 che ha contribuito a creare un genere.
Gli zombi non parlano, mugugnano. Si muovono in modo disordinato in cerca di carne umana. Sono lenti, ma non temete: prima o poi vi prenderanno.
Qui a Chains & Heels disconosciamo la figura dello zombi atletico che corre urlando: una derivazione poco ortodossa del mito, sdoganata dall'infelice 28 giorni dopo di Danny Boyle (2003). Piuttosto, vi proponiamo un telefilm, un anime e un videogioco a tematica mortuaria che proprio non dovrete perdere, se desiderate stare al passo (incerto) coi tempi.


The Walking Dead

La prima puntata di questo nuovo serial TV andrà in onda in America nella notte di Halloween. E' tratta da una graphic novel pubblicata dal 2003 e scritta da Robert Kirkman. Il fumetto è piuttosto noto nel circuito dei nerd di gusto, ed è già stata pubblicato in Italia da SaldaPress.
La storia sembra piuttosto canonica: epidemia di zombi improvvisa, uno sceriffo solitario armato di fucile, un gruppo di sopravvissuti che lotta per non essere morso.
Era da tempo che non veniva prodotta una serie TV ad alto budget su un tema come questo. L'attesa è alle stelle. Anche in Italia, dove The Walking Dead verrà trasmesso dal 4 novembre, su Fox.


Highschool of the Dead

Un anime in 13 episodi che ha dato un bello scossone alla programmazione televisiva giapponese. Tratto dal manga di Daisuke Sato e Shoji Sato (pubblicato in Italia da Panini), H.O.T.D narra le gesta di un gruppetto di liceali che riescono a fuggire dal liceo, invaso da morti viventi.
Una volta fuori scopriranno che anche il resto del mondo si sta zombificando in fretta, e l'unica scelta è uccidere e sopravvivere.
L'anime raccoglie a piene mani dalla lezione di Romero, aggiungendo un'interessante novità: gli zombi sono ciechi, e tutto quello che li guida verso le loro prede sono i rumori.
L'elemento di rottura rispetto alle classiche storie di morti che camminano, però, è l'abbondanza di liceali discinte che popolano la serie. Le ragazze combattono con fucili e katana, ma spesso abbigliate solamente di un'idea di vestiti.


Dead Rising 2

Da quando Resident Evil si è dato alla sperimentazione, sostituendo gli zombi con esseri umani posseduti da parassiti e in grado di intendere e di volere, a sorreggere la bandiera di videogioco pieno di morti viventi è stato Dead Rising.
Forte di un primo episodio delirante, in cui si poteva arrivare a vedere cento zombie in contemporanea su schermo, il seguito Dead Rising 2 supera ogni aspettativa. Il protagonista può costruirsi da solo le proprie armi, combinando più oggetti. Immaginate di attaccare due motoseghe alle estremità di una trave, afferrarla al centro e correre in mezzo a una folla di cadaveri assetati di sangue. Per dire.

E se siete a digiuno sull'argomento, ecco una breve lista di fondamentali che vi consigliamo per recuperare.

-Il giorno degli zombi (film, George A. Romero, 1985)
-Resident Evil Archives: Resident Evil (videogioco, Capcom, Wii)
-L'alba dei morti dementi (film, Edgar Wright, 2004)
-Manuale per sopravvivere agli zombi (libro, Max Brooks, Einaudi, 2006)
-The House of the Dead 2 (videogioco, Sega, Dreamcast)

popslut

MUSIC PILL: Pulp - Common People

CRYSTAL CASTLES: II. Uguale, ma diverso.



Quando NME include il tuo album di debutto tra i 50 migliori dischi del decennio, realizzare un degno successore diventa una sfida mica da ridere. Il bello è che il capolavoro in questione non si trattava nemmeno di un album vero e proprio, ma di una sorta di raccolta di 7’’, concretizzata dopo un anno e mezzo circa di un tour estenuante seguito all’uscita del primo ormai leggendario singolo ‘Alice Practice’, una registrazione di prova piazzata in rete che li ha consacrati a band di culto e li ha messi sulla bocca dei circuiti indie di mezzo mondo.

Il secondo capitolo, anch’esso senza un titolo, nasce invece come album ‘tradizionalmente’ inteso: 14 tracce pensate e realizzate al fine di trovarsi coerentemente sullo stesso supporto. Il linguaggio e l’atmosfera sono gli stessi, ma Ethan Kath (synth, programming, samples e dio sa cos’altro ancora) ed Alice Glass (microfono, voce e spesso solo presenza che si avverte appena, ma in quel modo straordinariamente intenso con cui si avvertono i fantasmi) fan sembrare il ‘già sentito’ un qualcosa di cui sentivamo davvero il bisogno. Perchè è lecito ripetersi, quando si ha qualcosa di molto interessante da dire: campionamenti selvaggi come sempre (god bless thrash, se questo è thrash!), micro-arpeggi 8bit (‘Intimate’), spaventose distorsioni ed accelerazioni hardcore (‘Doe Deer’). Il tutto unito ad un eccellente uso del Microkorg e degli effetti vocali: la voce di Alice, diluita dal riverbero, sembra provenire da un posto lontano e spesso è un posto in cui speri di non doverti trovare mai (‘Fainting Spells’, ‘I Am Made of Chalk’).

Sebbene questo disco sia, per alcuni aspetti, il negativo speculare del precedente (‘Baptism’ è la nuova ‘Through the Hosiery’, ‘Year of Silence’ la nuova ‘Air War’ - stavolta niente bambini demoniaci, ma ‘soltanto’ i Sigur Rós campionati - ma l’equazione potrebbe continuare), i Crystal Castles non fanno per nulla rimpiangere la ricerca della svolta compositiva ad ogni costo, che ha spesso ingannato molte delle band indie(sposte) tanto coccolate da NME, Pitchfork e soci.

Napalm Karenina

AMELIE è MORTA



E non si tratta di suicidio o di morte naturale. Qui si parla di puro omicidio. Vabbè, chi non ha mai gradito più di tanto la signorina Poulain gioirà apprendendo lo scoop dell’anno.
La settimana scorsa ci siamo recati ad uno dei tanti concerti che la città eterna suole offrire ogni stramaledetta bollente estate. Villa Ada. Yann Tiersen.
Il compositore francese, era a Villa Ada per presentare in anteprima al pubblico romano “Dust Lane”, il suo nuovo disco in uscita a Ottobre e anticipato in primavera dal singolo “Palestine”. Amatissimo in Francia e in tutta Europa, Yann Tiersen è automaticamente associato a suoni di fisarmoniche e atmosfere da rive gauche, ma quella è solo una parte del suo ampio registro musicale.
Di solito ci si aspetta che ad un concerto en plein air, e soprattutto in uno spazio grande (abbastanza grande) come un parco, i biglietti non si esauriscano in un batter di ciglia. Ci si aspetta di trovare almeno gli ultimi resti al botteghino. E invece no.
Mai vista tanta gente a Villa Ada. E per chi? Yann Tiersen. Ok. Noi lo conosciamo, lo ammiriamo. Anche se solo ed esclusivamente per quelle meravigliose colonne sonore che ha creato per “Il Favoloso Mondo Di Amelie” e per quel gioiellino di “Good bye, Lenin!”. Ma su non stiamo ad ingannarci. Alzi la mano chi ha ascoltato qualche suo pezzo che non sia uscito da uno dei due film citati. Ok, ok. Saremo noi gli ignoranti e quelli con poco interesse nella scoperta e nel approfondimento. Lo accettiamo come sconfitta personale.
Ebbene, senza biglietti e con una voglia matta di ascoltare “Comptine d’un autre été” o “Summer 78” ci siamo infrattati (sul serio) e insieme ad un’altra quarantina di persone abbiamo scavalcato il muro della fatidica villa. (Ma sì, tanto è bassissimo!!! e noi così agili che in confronto Andrew Howe è paragonabile ad un Sus scrofa barbarus).
Lontani dal palco ma con una visuale d’incanto abbiamo aspettato l’inizio del concerto. Ed eccolo arrivare sul palco…con la sua band!!! vabbè, ci siamo detti, suonerà anche dei pezzi inediti ovviamente, dove è necessario l’insieme di…percussioni, bassi e chitarra elettrica. Ok ma non era il concerto di Yann Tiersen? quel compositore che suona pianoforte, fisarmonica e violino praticamente tutti assieme?
Sì. Ma a quanto pare il buon caro Yann ha una grande passione per il rock (non un caso se Tiersen ha scelto di affidare la produzione del nuovo album nelle mani di gente come Ken Thomas (David Bowie, Slade, Paul McCartney, etc.) e Steve Whitfield (The Cure, Black Wire, The Mission, Shed Seven, Terrorvision). Il “Dust Lane Tour” dunque, ce lo ha presentato proprio in questa veste, con i riff di chitarra accanto a violini, mandolini, oscillatori, moog. Uno spettacolo in cui strumenti acustici, elettrici ed elettronici si muovono insieme per creare sonorità affascinanti. Arrangiamenti originali in cui l’idea di “genere musicale” deve cedere il passo di fronte a un talento compositivo ed esecutivo straordinario, che in questo tour si è alimentato dello spirito del rock, ma senza mai cadere nella banalità delle soluzioni consuete.
Ci si è presentata alle nostre orecchie una musica sconosciuta, un incrocio tra rock e punk gitano, stile Gogol Bordello, ma molto più soft, con qualche contaminzione elettrica.

Il che non ci è dispiaciuto affatto. La matrice rimane sempre quella alla quale siamo stati abituati da un compositore tanto eclettico. Magia pura. Creata da una musica fiabesca, trascinante, festosa, evocativa. Sarà stata anche la location, l’aria fresca, il lago di fronte a noi e 500 tra moscerini e zanzare, ma questo Yann Tiersen, diverso e al di fuori di tutte le aspettative, non solo nostre, ci è piaciuto e anche tanto.
E no, “Comptine d’un autre été” non è stata suonata.
Amelie è stata uccisa da un musicista. E meno male!!!

Kinoeye

Live report : KLAXONS @ Traffic Festival



Sembra facile: pensi ai Klaxons e dici “New Rave”. Onestamente, qualcuno ha mai saputo davvero cosa volesse dire? Ok, new wave imbevuta di lead-synths acidi, ritmiche dance, glow sticks in ogni dove e Ray Ban Wayfarer color evidenziatore come se piovessero. Musicalmente parlando però, non sono certo l’unica a sospettare che il “New Rave” non sia mai esistito o almeno, mai definizione fu più sbagliata per una band del genere ed i Klaxons l’altra sera mi hanno dato ragione.

Il live set al Traffic Festival - intorno al palco i giardini della Reggia di Venaria Reale, Torino - in un’ora appena fa sparire ogni etichetta e la band mi fa assistere ad un concerto che proprio non mi aspettavo. L’elettronica c’è, ma il tutto è talmente ben amalgamato da non suonare per nulla come un clichè ed anche i tentativi più “ballabili”, come la celebre “Atlantis To Interzone”, nel live trasudano un’attitudine decisamente più punk rock che dance. Non manca nessuno dei singoli, da “Gravity’s Rainbow”, col suo riff di basso strozzato e la ritmica sincopata, fino alla più celebre “Golden Skans”. Chapeau a Steffan Halperin alla batteria che, complice un impianto audio davvero “da festival” (ogni colpo di grancassa fa tremare la frangetta di tutti) pensa al grosso del lavoro anche quando è davvero difficile (“Magick”).

“Surfing The Void”, nuovo album in uscita il 23 Agosto ed anticipato dal singolo “Echoes”, è stato descritto dalla band stessa come un “live album”, composto, suonato e registrato in presa diretta in una stanza di tre metri quadrati appena e, se le premesse sono queste, si tratterà probabilmente di un interessante cambio di rotta, anche se di sicuro qualche hipster storcerà il naso.

I Klaxons saranno nuovamente in Italia per l’ultima data del tour promozionale, per l’esattezza il 2 Dicembre ai Magazzini Generali di Milano. I Ray Ban fluorescenti lasciateli a casa.

Napalm Karenina

Florence & the Machine: La Dea, la Strega e la Luna



Non una giovane donna (solo 24 anni all’anagrafe), ma un essere soprannaturale in sembianze femminili si è palesato ieri al non del tutto pieno Auditorium di Roma.
Florence (Welch) + the Machine.
Scalza, con una leggera veste bianca, pelle trasparente e capelli rosso sangue.
Un concerto ed un evento mistico. Un’atmosfera a tratti intimistica e individuale ed a tratti collettiva. Ipnotica, ammaliatrice, figlia della terra e dell’aria. Dea madre e allo stesso tempo Strega.

Una voce che dal vivo è superiore a quella registrata. Una musica che travolge e ti trattiene, sanguigna, viscerale come i battiti del cuore e il respiro dei polmoni. È fisico, corpo.

Azzardiamo: sembrerebbe prendere spunto da quel filone di musica anglosassone che discende da sonorità celtiche, divine come Loorena MacKennitt ma molto più contemporanea e contaminata con gocce di Soul, se vogliamo dire. Si sente una matrice nella musica e nelle canzoni di Florence, un filo conduttore che nasce nel suo paese, l’Inghilterra, e nella sua cultura più vera, che si è manifestata nei secoli attraverso la poesia e la letteratura.



Florence and the Machine ne sono consapevoli e trasformano quel tipo circoscritto di arte in una nuova forma.

Prendete ad esempio “Howl” il testo è già abbastanza esplicito, non necessita di spiegazioni, sembrerebbe essere la colonna sonora adatta ad una messa in scena di “Cleansed” (“Purificati”) della (purtroppo) scomparsa Sarah Kane. Sangue, maleficio, bestialità, corpi. Sonorità travolgente e devastante, ipnotica, come il teatro della Kane. O se vogliamo, rimanda in qualche modo a un ricordo antico di quel primo teatro elisabettiano fatto di violenza. Sinonimo di percussione.
O ancora prendiamo “Cosmic Love” e prendiamo “Wuthering Heights” di Emily Brontë. Qui la voce di Florence sembra essere la voce che si perde nella brughiera inglese e The Machine la tempesta, dalla quale quella Voce (nel romanzo) scaturisce all’esterno, che è poi l’essenza piú semplice dell’essere umano: il battito cardiaco.
Le parole finiscono e il respiro si mozza.

Kinoeye feat. the Brown

mercoledì 22 settembre 2010

iPhone 1977: vintage tech-art firmata Atari




Immaginiamo un passato recente nel quale iPod, telefoni cellulari, notebook e console portatili non siano fantascienza estrema. E’ quello che ha fatto il designer Alex Varanese, che ha creato un progetto artistico denominato ALT/1977.

Varanese ha disegnato oggetti hi-tech di uso comune oggi, con il design che avrebbero avuto nel 1977. Il tutto è molto Atari-oriented, visto che innegabilmente il colosso dei videogiochi era per quei tempi ciò che oggi può essere un colosso di tendenza come Apple.


Non solo: per i suoi prodotti hippie-future, l’artista ha immaginato una vera e propria campagna pubblicitaria, con slogan perfettamente in linea con il tempo: “Quattromila LP entrerebbero in casa tua? Che ne dici della tua tasca?”, o ancora: “Come tutti gli altri telefoni. Ma senza il muro attaccato”.
Non c’è che dire: questi pseudononni di iPhone, iPad, DS e compagnia bella sono decisamente più cool delle loro controparti contemporanee.



Galleria ufficiale

popslut

domenica 5 settembre 2010

ARCHITETTURA CONTEMPORANEA a ROMA. MAXXI E MACRO Uno Scontro a Suon di Quattrini


Audace e innovativo il Maxxi, firmato dall’Archistar irachena, naturalizzata inglese, Zaha Hadid, è stato inaugurato circa il mese scorso. Roma ora ospita un pezzo di futuro tangibile. Dopo una lunga corsa ad ostacoli tra insidie burocratiche e rallentamenti, finalmente dopo 10 anni di attesa il nuovo museo delle arti del 21esimo secolo ha aperto i suoi battenti con un’inaugurazione in pompa magna durata 3 giorni a fine Maggio. Maxxi di nome e di fatto è una cattedrale di 43mila metri quadrati che segna primati molto importanti per l’architettura, l’arte e per Roma, che si candida così a diventare capitale del futuro. L’ “amatissima” e premiatissima architetta trasforma l’area delle vecchie caserme del quartiere Flaminio in una base spaziale spettacolare che dialoga con l’anima antica della città eterna; un’hydra feroce e sinuosa che si aggroviglia nel suo susseguirsi di gallerie, scale e passerelle. Una geometria aliena in una capitale sinora non abituata alla contemporaneità.

Lo spazio a volte troppo angusto anche per l’esposizione delle opere e le promenade a volte troppo traballanti e ancora sporche di pittura sono i veri protagonisti…E LE OPERE?E L’ARTE?Beh… le ovaie di Anish Kapoor, gli scheletri- pulcinella De Dominicis, un allestimento pazzesco sulle opere di Terragni studiato dallo stesso e un archivio d’architettura corposo e invidiabile; quindi un bel contenitore che l’arte la trasuda, l’attira, la partorisce.

Contemporaneo e più in sordina il Macro è stato aperto per ammirarne solo l’ampliamento nei medesimi giorni ( l’inaugurazione non si sa a quando!). Qui la dark e “depressa” Odil Decq nasconde la forza espressiva dell’ intervento all’interno, l’unico “accenno” si esprime all’esterno tramite un’ampia vetrata sfaccettata che gravita sull’ingresso quasi come un minaccioso invito. L’idea di percorso, a differenza del Maxxi, qui non prende le forme di un unico volume di collegamento ma si declina in una struttura capillare, leggera, sensoriale che si riversa tutta sulla sala conferenze che, rivestita di legno laccato rosso, funge da baricentro attrattore di tutto. Il cuore pulsante del progetto quindi!

Ma non è tutto oro quello che luccica ! Due progetti di respiro internazionale, due donne con le palle e tanti, troppi soldi. Il Macro, costato 20milioni di euro, è stato costruito con basalto che arriva dalla Cambogia, le grandi travi in ferro nero che provengono dalla Cina, ma i vetri, ci tiene a precisare la O. Decq, sono “Made in Italy ”. Almeno quelli fateceli fare a casa nostra !

Per il Maxxi già abbiamo accennato alle vicissitudini burocratiche e dei cambiamenti di giunte regionali e di imprese (fallite!) che ne hanno fatto impennare i prezzi, e anche la nostra “Ursula” Hadid non si è di certo accontentata! Di vezzi ce ne sono stati tanti, come i pannelli, il cartongesso e i brise-soleil iperdisegnati e esosissimi e la struttura concepita come autoportante poi necessariamente integrata da fasci di esili pilastri in acciaio cromato inclinati che però vi diremo…non ci dispiacciono!

L’inaugurazione ha avuto luogo nel weekend tra il 26 ed il 30 Maggio scorso. Quattro giorni per ammirare il museo nella sua interezza e vera essenza ,ma senza esposizioni ! Insomma la stessa soluzione voluta per il Maxxi nei mesi precedenti. Questo é un nuovo ,interessante aspetto dell’architettura contemporanea che oltre a mettere in vetrina le sue collezioni ci tiene a dire la sua, prima di tutto!

LessThenTwentyFingers