giovedì 23 dicembre 2010

cara anna piaggi, ora puoi MORIRE serena

Potrei cavarmi un occhio in questo preciso istante pur di non dover vedere più questi scempi.

Andiamo nel dettaglio: Chiara Ferragni, milanese, 22 anni (?), laureanda alla Bocconi, famosa fashion blogger (?). E per famosa, intendo famosa. Il suo blog in pochissimi mesi ha raggiunto milioni di visite, viene invitata alle sfilate dagli stessi stilisti, crea i lookbook per molti marchi. Infine è una fottusissima poser che ama farsi ritrarre in pose da modella mescolando abiti low cost (ancora si usa come termine, ebbene sì) e griffati. Adora usare l'aggettivo "vintagggge"(sì, con 4 g), utilizza come fragranza personale il delicatissimo e freschissimo e commercialissimo Light Blue di Dolce & Gabbana, eau de toilette che in me genera una soglia di fuga repentina (ah, Chiara: per "soglia di fuga" si intende lo step finale di percezione/tollerabilità di un profumo). Chiara adora anche utilizzare l'aggettivo preposto "maxi": maxi-pull, maxi-bag, maxi-maglia (mi chiedo se usa anche un maxi assorbente interno). Chiara, infine, degli anni '80 conosce solo i leggings.
Le sue perle di saggezza sullo stile da adottare in qualsiasi occasione le potrete leggere (?) sul suo blog The Blonde Salad.
La mia faccia in questo momento è identica a quella di Mischa Barton: gonfia, interdetta, stupita.

Valentina Fradegrada, appena 18 anni: il suo fashion blog si chiama Coop Style (ma che vuol dire?). Anche lei ama i leggings.
Andiamo avanti...
Veronica Ferraro (aka The Fashion Fruit), anche lei 22 anni come Chiara Ferragni. Sono molto amiche. Sono uguali in realtà, io le distinguo solo perchè una ha la zeppola e l'altra una paresi alla parte inferiore del volto. La sua stilista preferita? Coco Chanel (maddai!!??)... Sì, perchè Coco era una donna raffinata. Tesoro, lo sa anche l'operaio romeno che sta rifacendo l'intonaco del mio palazzo, che Coco Chanel è stata la più grande bestemmiatrice di tutti i tempi.
Ma qualche ometto da aggiungere alla lista di pseudointenditori di tendenze? Ok, lo abbiamo.
Andrea Ravieli, 20 anni, insomma giovane, ma con una grande personalità. Dettaglio che già si intravede dalla scelta del nome del suo blog: The Blog.
Pazzesco!
Poniamogli delle domande, vediamo se risponde (ti prego rispondi, ci sono milioni di tuoi fans/stalkers che fremono):
1- Fai il modello?
2- Fai lo stylist?
3- Fai il fotografo?
4- Sei un designer?
5- Che fine ha fatto la pelle che rivestiva le tue guance?
6- Meglio il crack o la cocaina?
7- Quanto è bono il ragazzo tuo?
8- Vi siete lasciati?
9- Sei attivo o passivo?
The Blog appare più pretenzioso. In effetti le foto inserite ritraggono anche personaggi noti del mondo della moda. Dall'esclusivissimo report dell'esclusivissimo party di Givenchy, composto da Maria Carla Boscono, Justin Timberlake, Liv Tyler ( era lei?), Nicola Formichetti (ossia lo stylist che lavora di più, anzi l'unico forse che vede soldi veri), mia nonna defunta (ossia l'ex editor in chief di Vogue Paris, Carine Roitfeld), a foto random di ragazze più o meno carine e più o meno ben vestite.
Piccola segnalazione: la tua amica nasona con gli occhi piccoli e arcigni ha fregato ad una sfilata un paio di leggings blu elettrici di una mia amica. La mia amica non li vuole indietro, vuole solo sapere se ce li ha ancora.
Piccolo consiglio che diamo noi del nostro blog è : "It's not all about attitude!".
Poi eccolo! Lui è il top del top del top. Filippo Fiora (The Three F: le battute si sprecherebbero, ma non infierisco).
23 anni, studente di architettura. Le sue proposte di look sono fantastiche. Allora sapete cosa dovete fare: Andate da Hermès, e comprate una bella cintura con logo H (che potrebbe essere facilmente fraintendibile con la H di Hogan), una bella giacchetta di pelle borchiata di Burberry Prorsum (comprata online su LuisaViaRoma), un bel borsone stampato Louis Vuitton e via, il gioco è fatto. Napoletano d.o.c. style.
Complimenti vivissimi. Non avremo più un futuro. Nessuno di noi.

Rooge

martedì 7 dicembre 2010

Live Report: SALEM. Yes, they smoke crack.



La musica dei Salem non ha nulla di bello. Sarebbe anche abbastanza scontato definirla “evocativa”. E’ musica che affonda le sue radici in un cattivo, anzi, cattivissimo presagio, che di rassicurante non promette un bel niente, nemmeno quando la melodia tenta di affacciarsi dal muro solido e nero deisynths impastati, densi ed inesorabilmente in minore.
Tre "ex" eroinomani del Michigan, John Holland, Jack Donoghue e HeatherMarlatt, stasera sono qui all’Init anticipati dalla sgradevole seppur inevitabile aura hype (bleah) che circonda il loro debutto “King Night” (talmente hype che Riccardo Tisci ha voluto la title track come parte della colonna sonora per la presentazione della sua collezione P/E 2011 per Givenchy).
Sappiamo bene che probabilmente nessuno di noi sarebbe qui stasera, Salem compresi, se non fosse per quel duo di Toronto di cui non farò il nome e con cui il confronto è davvero inevitabile, vuoi per le sonorità a tratti simili, vuoi per la stessa spocchia che generalmente caratterizza il pubblico annesso, me compresa. Il confronto, tanto per la cronaca, non regge e non c’è storia,
anche se i Salem tutto sono fuorché banali: dai tentativi di rap trascinato e distorto, ai toni cupi ma allo stesso tempo maestosi dei sintetizzatori, fino al contrasto dei rullanti secchi con armonie vocali quasi corali, da cattedrale degli orrori, tanto da aver battezzato un genere: witch house.
Mai sopra i 100 bpm, bassi gonfiati al massimo, dal vivo il tutto sembra ancora più rallentato e lugubre che su disco, sarà anche per l'aria totalmente catatonica dei tre, quasi preoccupante nel caso di Heather Marlatt.
Mezz'ora appena ed è tutto finito, di bis non se ne parla nemmeno. Brutti sogni garantiti per tutti però.



Napalm Karenina

lunedì 6 dicembre 2010

"We Want Bucky Done Gun"


M.I.A. è un'artista musicale. Ammetiamolo. Lo è facendo un tipo di musica, un tipo riconoscibile in M.I.A. appunto.
Venerdì il tour MAYA, per la promozione del suo ultimo lavoro, è giunto anche a Roma, dopo una sosta ai Magazzini Generali di Milano.
Non potevamo non esserci.
Lei, l'artista in questione, è stata una furia, letteralmente lanciatasi all'esiguo pubblico presente. Una belva dalla pella d'ambra. Peccato peró il tutto sia durato poco meno di un'ora. Già, una fregatura, se pensiamo anche ai problemi di acustica e fonica dello "Spazio Atlantico" (ex Palacisalfa), praticamente quando M.I.A. cantava poco si sentiva, o forse eravamo noi i sordi.
Comunque, non vogliamo togliere nulla ad un'artista come lei, ci avrà anche concesso solo un'ora di frenesia, ma è pur sempre una grande. Peccato, avremmo voluto un po' di più.

Kinoeye

sabato 4 dicembre 2010

“Non è lecito dimenticare, non è lecito tacere” (Primo Levi)



Il 1 Dicembre, è passato da poco, un giorno come un altro sembrerebbe per la maggior parte delle persone, un giorno come un altro soprattutto per l’Italia. Per il resto del mondo un po’ meno. Sì perché in questa fatidica data qualcuno ricorda che da più o meno 30 anni conosciamo, parliamo di HIV e AIDS. 1 Dicembre, dunque, World Aids Day. Fiocchi rossi, belle parole, buoni propositi da nord a sud, da est a ovest del globo, tranne qualche eccezione. Eccezione detta anche Italia, l’isola felice, dove nessuno si ammala (magari) e dove il problema non sussiste, e se sussiste, beh…cazzi vostri. Ormai è da un po’ di tempo che il nostro Bel Paese su certi argomenti preferisce soprassedere, dare poca attenzione o enfasi, o parlarne male ed in modo confusionario. Tutto ciò, di conseguenza, a discapito dell’informazione, di una buona e seria informazione su un argomento che interessa tutti (sì, nonostante quello che dice ancora qualcuno, forse non molto attento alla realtà, l’AIDS è una malattia “democratica” che non fa molte distinzioni di razze, di sessi, di orientamenti sessuali, pensate nemmeno di età). In 30 anni, dicevamo, sull’HIV sono nati miti e leggende e col passare del tempo si sono moltiplicate “verità” che con la verità hanno non sempre a che fare. C’è chi dice che l’AIDS sia nata dalle scimmie in Africa, chi dice che sia nata (leggi stata creata) in laboratorio, chi invece che riguarda solo omosessuali e drogati (seh, lallero), poi, vediamo…che si trasmette con baci, abbracci e carezze, manca solo che dicano sia un virus proveniente da Marte. Quando poi si parla di AIDS per “informare”, lo si fa sempre in termini di paura, come se il terrore o il proibizionismo (non fate sesso per carità, restate vergini fino alla morte) aiutassero a diminuire i contagi (terrore e proibizionismo non hanno mai portato l’effetto voluto, ma casomai il contrario, è la storia dell’uomo e della sua natura ad insegnarcelo). Insomma in questi casi si usano sempre parole e paroloni, numeri e cifre spiattellati e urlati il più possibile (30 MILIONI DI MORTI, 60 MILIONI DI CONTAGI e così via), tutto per non indurre in tentazioni, mentre l’unica parola da usare è PRECAUZIONE/PREVENZIONE. O se vogliamo essere ancora più specifici PROFILATTICO (so da fonti certe che è una parola che la Sacra Chiesa Romana che vuole il bene di tutti e il Papa in persona non lo apprezzano molto come sostantivo, e come oggetto, loro lo usano solo con le/i prostitute/i, il sostantivo, ovvio). Ecco, il PROFILATTICO, questo (s)conosciuto. Anche su di lui quante se ne dicono: ah no, toglie il piacere; ah no, è fastidioso; ah no, costano (questo è vero, ma non è una scusa); ah no, non ce l’ho (e allora niente, non si fa). E pensare che ce ne sono di ogni tipo (classici, sottili, stimolanti, ritardanti), gusti (menta e vaniglia sono ottimi) e misure (normali, L, XL, XXL, …). Eppure la maggior parte dei rapporti sessuali, occasionali o col proprio partner, avviene ancora senza usare il cappuccio, soprattutto tra gli eterosessuali (bravo ragazzo, tu, che l’altra sera in discoteca hai chiesto a me e al mio amico se ne avevamo uno da darti per trombarti uno nel cesso), quando invece il preservativo è l’unica arma (in rapporti vaginali, anali e, ahimè per voi, anche orali, nonostante gli innumerovoli opinioni a riguardo, per questo chiediamo grazie a tutto lo staff medico italiano che non si prende responsabilità nel dire quali realmente sono le vie di contagio certe) davvero sicura, l’unico vero contraccettivo che tieni alla larga l’HIV e tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili. Sì, perché il test per l’HIV va fatto, ovvio, ma se per una volta risulta negativo non vuol dire che poi sei al sicuro ed immune a vita natural durante (capito Ferzan e Matandrea???? Voi e quello spot di merda, riciclato anche quest’anno, causa crisi, politica o finanziaria non è dato sapere). Ah, e non servono 6 mesi dal rapporto e a quanto pare neanche tre, non esistono da almeno dieci anni sieroconversioni avvenute dopo un mese. Ma se l’informazione, dunque, non è andata proprio di pari passo con l’avanzare del virus, almeno le ricerche per una cura, quelle non si sono mai fermate, anzi ormai con l’AIDS si vive, o sopravvive, dipende dai casi (ma QUESTA NON E’ UNA SCUSA PER NON USARE IL PRESERVATIVO, cribbio) e ormai si sta per giungere ad un vaccino che la debelli definitivamente, tanto che si spera che nel 2015 si possa avere la prima generazione di nascituri HIV FREE. Certo i governi, soprattutto quelli dei paesi più poveri e di quelli in via di sviluppo, devono acquistarlo ed utilizzarlo, perché possono, al di là della qualità delle loro strutture sanitarie, tutte scuse. Per questo la ricerca ha bisogno di fondi, altri, sempre. Fondi che il nostro Amato Paese non elargisce da anni (sempre per la crisi? Ma sto paese è sempre in crisi?), come se queste siano cose di poco conto, ma sì, ma chi se ne frega, noi i soldi li usiamo (?) per cose più serie (?). Ma come dice qualcuno, le chiacchiere stanno a zero, sono i fatti che contano. USARE IL PROFILATTICO è essenziale (capito Benedetto Decimo Sesto), informarsi è importante, informarsi davvero. Basta con questi tabu, andiamo su, è roba vecchia. Non siamo più negli anni ’80. Le persone sieropositive non sono il male né sono pericolose (sì perché loro non solo hanno avuto la sfortuna di ammalarsi, poi devono pure sorbirsi i giudizi e gli sguardi discriminatori dei “ben pensanti”), potete parlarci e prenderci addirittura un caffè senza infettarvi, guarda un po’. (io nella mia vita ne ho conosciute due e sono ancora qui vivo e vegeto).

The Brown