martedì 22 febbraio 2011

Black Swan




Potremmo semplicemente scrivere usando l'imperativo: andate a vedere Il Cigno Nero!
Però ci sentiremmo in dovere di motivare un ordine del genere. E non che la 20th Century Fox ci paghi, anzi...forse dovrebbe proprio farlo.
Black Swan, Il Cigno Nero, quinta pellicola di quel genio sadico di Aronofsky, fu presentata all'ultima Biennale del cinema di Venezia. Ci furono fischi e pernacchie provenienti dalla stampa italiana, che non si fece scrupolo a lanciare anatemi e a stroncare un'opera che a nostro umile giudizio è un capolavoro. Ok, diciamo subito che abbiamo peccato. Non abbiamo visto The Wrestler (Mickey Rourke ci ha sempre tenuti lontani dalla visione), ma forse proprio per questo motivo riusciamo a prescindere da inutili paragoni visivi e critici.
Si dice che un'opera artistica è autonoma e indipendente da altre opere precedenti dello stesso artista. Il cinema (un certo tipo di cinema) è arte, e quindi seguendo il sillogismo, ogni film è forma d'arte autonoma e independente dalle altre che lo precedeno. Quindi anche Black Swan. Quindi non sussistono paragoni.
Chi si diletta nella massacrante critica negativa a questo film è perchè riporta solo gli errori di una regia, a suo parere superficiale, in confronto a quella espressa in The Wrestler che dicono più corposa e presente. The Wrestler era corporeità, fisicità artistico-cinematografica incentrata sul corpo del protagonista. Ma qui in Black Swan il corpo non c'entra nulla, o meglio c'entra in quanto mezzo per l'evoluzione, per una trasformazione che però trascende la carne perchè è una trasformazione esclusivamente legata alla psyché (l'anima umana in greco).
La storia gira intorno a Nina (splendida Natalie Portman), una giovane ballerina che viene scelta per l'ambito ruolo della regina Odette ne "Il Lago dei Cigni", peccato però che il maestro Leroy (interpretato da Vincent Cassel) la voglia sia come interprete di Odette (il Cigno Bianco che incarna bellezza e purezza d'animo) che di Odile, sosia malvagia di Odette (il Cigno Nero che incarna la seduzione e tutti quegli istinti legati alla sessualità). Questo (e altro, poichè sarebbe riduttivo limitarsi a un solo semplice limite) fa sì che la protagonista cada in un trip allucinatorio e inconscio.

La storia, la sceneggiatura, rasenta la banale semplicità, ma d'altronde il cinema è nato come arte muta, e forse questo film potrebbe anche essere privo di dialoghi, accompagnato esclusivamente dalla musica di Cajkovskji, perchè l'essenza arriverebbe comunque a colpire lo spettatore in sala.
Quello che si vede sullo schermo è la trasformazione dell'inconscio umano, è la crescita di un individuo che ad un tratto si ritrova in delle prigioni di una non-vita esasperata dal raggiungimento della perfezione, dalla presenza di più figure ingombranti che lo esortano a fuoriuscire da un involucro costruito nel mondo dell'Es.
Fondamentalmente è un film sulla crescita, sul raggiungimento di una tappa (forse oseremmo dire dell'età adulta) e dell'attraversamento inconscio che porta a tale raggiungimento, un passaggio fatto di sangue.
In questo film non c'è la corporeità della precedente opera di Aronofsky perchè questo film punta a indagare i moti oscuri dell'animo umano e della mente umana. Se il precedente era terreno questo appartiene all'elemento dell'aria.
Tutto ciò viene giustificato e sottolineato da una scelta basilare: il cigno, significante ( e simbolo in alcune mitologie) di trasformazione e cambiamento (il cambiamento interno della protagonista che si riscontra nel cambiamento corporeo che avviene nel trip allucinatorio vissuto da lei stessa), un volatile, un essere che riesce a dominare il mondo dell'aria.
Potremmo continuare a scrivere, ma preferiamo fermarci qua, per non dover sfociare in un noioso dibattito prettamente filmico. Lasciamo a voi l'ultima parola. E comunque, andate a vedere Il Cigno Nero, merita davvero.

KinoEye


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